Le api che ciclicamente scompaiono dalle campagne non costituiscono un mistero, né un fenomeno insondabile, ma sono le vittime dell’attività umana legata all’agricoltura. In particolare all’uso illecito di sostanze come i neonicotinoidi nella coltivazione del mais. I danni per l’ecosistema sono gravissimi perché spariscono intere specie animali proprio nelle zone a ridosso dei fondi agricoli. Quello che sembra essere molto più di un sospetto, come dimostra anche la messa al bando votata pochi giorni fa dall’Unione Europea di tre insetticidi dannosi, ha portato a Udine a una clamorosa iniziativa giudiziaria. Il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco, che da un paio di anni sta conducendo un’inchiesta per inquinamento e disastro ambientale in agricoltura, ha chiesto e ottenuto dal gip il sequestro preventivo di 17 proprietà agricole disseminate nella provincia, con l’inibizione delle coltivazioni con neonicotinoidi e l’eliminazione delle colture in corso, dove queste sostanze siano state utilizzate.
La richiesta, controfirmata dal procuratore Antonio De Nicolo, è stata accolta dal gip Daniele Faleschini Barnaba. L’altra mattina numerose squadre del Corpo Forestale Regionale (Noava) hanno cominciato a notificare i provvedimenti a 38 persone che risultano indagate di violazione dell’articolo 452 bis per aver cagionato abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema e della biodiversità della fauna in generale. Una situazione che non sembra circoscritta al Friuli, ma che riguarderebbe anche altre regioni, a partire dal Veneto, dove gli apicultori sono parti lese, avendo visto i propri alveari falcidiati dalla moria.
Il gip ricorda le normative europee e nazionali che disciplinano l’utilizzo in agricoltura delle sostanze antiparassitarie neonicotinoidi. È dal 2008 che un decreto ministeriale ha sospeso le autorizzazioni di impiego per la concia di sementi dei prodotti fitosanitari con clothianidin, thiamethoxarn e imidacloprid. Il provvedimento “veniva adottato a seguito degli anomali spopolamenti di alveari verificatisi nella primavera del 2008 in varie regioni dell’Italia settentrionale: Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia”. Ma ci sono anche regolamenti e direttive della comunità europea (2010 e 2013) che vietano l’uso e la vendita di sementi conciate con prodotti fitosanitari, “un pericolo acuto per le api”.
IL DOCUMENTO Scrive il giudice: “Queste sostanze utilizzate in agricoltura quali insetticidi e antiparassitari nella concia delle sementi e sul fogliame agiscono sistemicamente su svariati organismi viventi con un’azione assai tossica su invertebrati tra cui numerosi insetti come libellule, cavallette, formiche, farfalle, lucciole, coccinelle, api e bombi”. Adesso capiamo perché le lucciole (tanto care a Pasolini) sono scomparse dai nostri giardini. Particolarmente dannosi sono “gli effetti dei principi attivi sul sistema nervoso degli insetti pronubi, cioè impollinatori, e soprattutto degli imenotteri quali le api selvatiche e da miele”. Perdono l’orientamento e non trovano più la via dell’alveare, che rimane così privo di rifornimenti. Le indagini del Corpo forestale regionale sono nate da esposti di apicultori, a causa “della moria di api e pergli anomali spopolamenti degli alveari in corrispondenza con i periodi e con i territori di utilizzo di queste sostanze”. L’impollinazione, ricorda il gip, è “una funzione ecologica di primaria importanza, insostituibile”. L’inchiesta ha collegato aziende agricole e alveari. Ad esempio “si è accertato in più località un anomalo e non altrimenti spiegabile depauperamento delle api presenti negli alveari. A Basillano e Bicinicco, in concomitanza con le vicine coltivazioni di mais conciato, si è rilevata in 400 arnie nel periodo da marzo a giugno 2016 la riduzione della popolazione di api da miele da circa 60.000 per amia a 10.000-20.000, le quali riuscivano stentatamente a produrre il miele per il proprio sostentamento”.
L’INQUINAMENTO Azzerata la produzione di miele, anzi per evitare l’estinzione gli apicultori erano stati costretti ad aumentare le api sopravvissute. Secondo quanto accertato dall’inchiesta, “in molti casi gli apicoltori avevano trasferito le api in zone sicure, perché l’utilizzo di macchine seminatrici pneumatiche solleva grandi quantità di polveri in cui sono contenute particelle di sementi conciate con le sostanze tossiche. Tali polveri si diffondono nell’aria e si depositano direttamente sulle api oppure sui fiori e nelle aree di sosta degli insetti”. In aggiunta, il fenomeno della “guttazione” fogliare del mais: l’acqua inquinata contenuta nelle piante viene bevuta dagli insetti che muoiono. Oltre che sul sequestro di sostanze proibite, l’inchiesta si basa su una consulenza tecnica che il pm ha affidato al dottor Mauro De Paoli dell’ente regionale per lo sviluppo agricolo del Friuli Venezia che ha confermato la correlazione tra neonicotinoidi e moria di api.
Giuseppe Pietrobelli – Il Gazzettino – 4 maggio 2018