"Serve un'etichetta onesta e trasparente per il miele. E' stato possibile per il latte, può e deve esserlo per il miele: un'etichetta tracciabile anche a livello europeo - in Italia è già obbligatoria -, che attesti con chiarezza il paese di origine. Oggi il 50% del fabbisogno italiano è coperto da mieli cinesi o argentini o dell'est Europa, dove sono ancora legali pesticidi e sostanze nocive bandite da decenni in Italia". E' il grido d'allarme dell'Associazione Apicoltori Professionisti Italiani che, in occasione trentatreesimo congresso Aapi in corso a Vasto (Chieti), chiede al governo "un salto di qualità nella difesa di un'eccellenza del Made in Italy contro l'invasione di mieli cinesi".
Per Claudio Cauda, presidente Aapi "il miele italiano è di qualità assoluta, in virtù di una legislazione nazionale molto stringente. Inoltre, le numerosi varietà uniflorali rendono questo prodotto una vera e propria eccellenza".
Secondo dati dell'anagrafe nazionale apistica sono 1,2 i milioni di alveari allevati e sparsi nelle nostre campagne. Dei circa 45 mila apicoltori censiti e operanti in Italia, sono quasi 20 mila le partita Iva. L'apicoltura si conferma quindi quale importante componente produttiva del comparto rurale e agricolo nazionale.
Per il Mipaaf 150-170 milioni di euro è il valore stimato dei prodotti dell'apicoltura italiana (miele, cera, propoli, polline, pappa reale, veleno d'api). La produzione italiana di miele quest'anno però ha avuto la più pesante flessione degli ultimi 30 anni, andando ad accrescere un fabbisogno che per il 50 per cento è coperto da mieli esteri, in prevalenza cinesi.
"La vera partita - conclude Francesco Panella, presidente Unaapi - si gioca a Bruxelles: solo la Ue, infatti, può imporre un'etichetta trasparente ed onesta"
[ Agenpress - 02.02.2017 ]